Condannati senza testimoni e senza prove

Le flagranti violazioni della Costituzione degli Stati Uniti al processo contro i Cinque Eroi Prigionieri dell’Impero e la negativa ai familiari di incontrarli, temi analizzati da Ricardo Alarcón.

di Silvia Martínez

Non solo sono stati condannati senza testimoni e senza prove, ma anche li si tiene lontani dalle loro famiglie, vengono tenuti isolati gli uni dagli altri e nonostante siano prigionieri politici condividono la reclusione con detenuti comuni, ha denunciato Ricardo Alarcón, Presidente del Parlamento, parlando delle perfide e ingiuste condizioni alle quali sono sottoposti i Cinque Eroi, durante l’Incontro Sindacale Internazionale di Solidarietà con Cuba al quale hanno partecipato oltre 300 degli invitati alla manifestazione del Primo Maggio.
Alarcón ha raccontato di come recentemente a Olga Salanueva – moglie di René González, che è stato condannato a 15 anni di prigione e che si trova a Loreto, in Pennsylvania – dopo esserle stato concesso il visto, le è arrivata una nota che lo revocava. E si domandava Alarcón come era possibile che a un cittadino nordamericano – René è nato a Chicago, figlio di cubani che erano emigrati nel 1956 – venisse tolto il diritto di vedere le proprie figlie, in particolar modo la minore, che era stata per l’ultima volta con suo padre quando aveva appena un anno (ora ne ha cinque). Allora lui stava incatenato a una sedia. Questa bambina è pure cittadina nordamericana di nascita. Quale cittadino nordamericano viene privato dei propri diritti in questo modo? A quale bambina nordamericana viene proibito di vedere il proprio padre per così tanto tempo? – si chiedeva Alarcón.
Ha spiegato, inoltre, come fatto probatorio di violazioni, il trattamento subito da Olga dalla detenzione di suo marito René, all’alba del 12 settembre 1998. E’ rimasta in prigione per tre mesi, è stata interrogata e sottoposta a intense campagne, oltre a perdere l’impiego e la possibilità di potere mantenere le sue due figlie. Dal carcere è stata condotta direttamente all’aeroporto e deportata a Cuba, senza la minima possibilità di vedere suo marito prima di andare via.

Il caso di René è l’esempio vivente dell’ipocrisia nordamericana
René González, ha detto, è l’esempio vivente dell’ipocrisia del Governo nordamericano. Ha argomentato che egli non è stato accusato di “crimine” premeditato, di possedere documenti falsi, di commettere il reato di “spionaggio”. Aveva tutti i suoi documenti in regola, ma è stato condannato per non essersi dichiarato come agente cubano. L’unica accusa contro di lui – ha precisato – è stata il “terribile delitto” di inserirsi in vari gruppuscoli di origine cubana e di smascherare azioni terroristiche contro Cuba. Per questo motivo è stato condannato a 15 anni, e inoltre dovrà trascorrerne altri cinque in libertà vigilata e con l’avvertimento di non tornare a “delinquere”.
Dimostrare l’innocenza di questi giovani, trovare una giusta soluzione e che la verità si apra al mondo di fronte all’ingiuria e alla calunnia, alla doppiezza e alla menzogna, sarebbero i passi più concreti per l’eliminazione del terrorismo, ha affermato il Presidente del Parlamento cubano, che ha fornito dettagliate informazioni su come sono avvenuti i fatti, in una conferenza che è durata poco più di un’ora e mezza, davanti a un auditorium che si è mantenuto molto attento e interessato.
Il comportamento assunto contro i cinque, ha detto, non solo viola le leggi nordamericane riguardo ai diritti individuali, ma anche i procedimenti legali. Ha precisato al riguardo che i ragazzi sono stati arrestati all’alba del 12 settembre 1998 e per tre giorni e poco più sono rimasti sotto costanti e intensi interrogatori, senza essere presentati alla giustizia, senza che venissero formulate accuse né contassero su di un avvocato per la loro difesa.

Per legge sono innocenti finché non venga dimostrata la loro colpevolezza
Curiosamente, ha constatato Alarcón, nella stessa mattina di quel 12 settembre, lo stesso FBI ha comunicato a Ileana Ros-Lehtinen e a Lincoln Díaz Balart di avere preso prigionieri questi cinque giovani. Perché sono stati informati loro – si domandava Alarcón – e non i 25 congressisti della Florida? Perché questo speciale privilegio verso quei difensori della mafia di Miami?
In quel momento l’FBI non sapeva che erano cubani; dei detenuti due erano cittadini nordamericani di famiglie cubane, e degli altri tre ignoravano la loro identità. A partire da questo momento, veniva scatenata una terribile campagna contro le cosiddette “cinque spie cubane”. È al quarto giorno – ha ricordato Alarcón – che vengono presentati davanti a un tribunale federale e accusati di spionaggio contro gli Stati Uniti.
Alarcón ha raccontato che da quel giorno fino al 3 febbraio 2000, per 17 mesi, sono stati tenuti in isolamento in celle di punizione, che nel sistema penitenziario degli Stati Uniti vengono applicate unicamente ai colpevoli che hanno commesso omicidi o altri gravi delitti o comportamenti indisciplinati dentro la prigione, e il provvedimento non eccede mai i 60 giorni: Essi sono rimasti 17 mesi nel “vuoto”, in totale isolamento, situazione che logicamente ha reso impossibile il fatto di avere qualsiasi contatto con i loro parenti e i loro avvocati, fatto che avrebbe permesso di preparare una difesa con le minime garanzie processuali.
Nel processo dei cinque si viola proditoriamente l’VIII Emendamento, mantenendoli in isolamento per due periodi, uno di 17 mesi e il secondo di 48 giorni. Questo comportamento viola le norme dell’ONU sul trattamento ai detenuti e gli stessi regolamenti carcerari degli Stati Uniti.

Perché non si rispetta il diritto costituzionale e il processo deve essere fatto a Miami e solo a Miami?
La stampa e i ‘senzapatria’ di Miami ne hanno fatto una montatura oltre il ragionevole e hanno utilizzato tutti gli argomenti, per assurdi che fossero, per vincere la grande battaglia ed è così che a otto mesi dall’arresto dei giovani, l’FBI presenta nuove accuse e appare un nuovo elemento: cospirazione per commettere omicidio di primo grado, delitto di cui è imputato Gerardo Hernández, e che si riferisce all’abbattimento degli aerei da turismo, avvenuto il 24 febbraio 1996, azione di Cuba in sua legittima difesa per violazione reiterata, nonostante i ripetuti avvertimenti, del suo spazio aereo. A partire da questo punto il processo si trasforma in un processo contro la Rivoluzione cubana, ha precisato Alarcón.
Per Legge, le garanzie processuali tengono conto della sede dove deve realizzarsi il processo, riconosciuto questo fatto da un diritto costituzionale, al fine di assicurare all’imputato che non vi siano pregiudizi e avversioni in tutto il processo, e che vi sia la più assoluta imparzialità. Molte sono stati le proteste della difesa fin dal primo momento affinché il processo fosse fatto in un’altra città. Miami, argomentavano con ragione, non era il luogo appropriato per un processo sereno e imparziale ai cinque giovani, contro i quali veniva scatenata un’atroce campagna, considerandoli “pericolosi agenti di Castro”.
Alarcón ha dimostrato come in molti altri casi si è tenuto conto dell’avversità dell’ambiente ed è stata cambiata la sua sede: una signora, imputata perché i suoi cani avevano ucciso una donna, il suo caso fu spostato da San Francisco a Los Ángeles; la consegna dei premi Grammy Latinos, inizialmente prevista a Miami, la giuria decise di trasferirla a Los Ángeles davanti alle minacce di azioni violente, perché lì non c’era sicurezza per i partecipanti; o l’assassinio di massa avvenuto in Oklahoma e il cui processo è stato trasferito in Colorado per evitare problemi. Perché in questo caso non è stata fatta la stessa cosa e quello che prevede la Legge?
Ma la giudice federale di Miami, Joan Lenard, a cui è stato assegnato il caso, si è sempre rifiutata di spiegare perché doveva essere fatto lì e solo lì, dove c’è qualunque cosa meno che giustizia e sicurezza processuale, e molta meno per un cubano di Cuba, tornava a chiedersi Alarcón.
Il 27 novembre 2000, proprio nel luogo della fase di selezione della giuria per il processo dei cinque, la mafia anticubana ha tenuto una conferenza stampa, niente meno che con i parenti delle cosiddette vittime dell’abbattimento dell’aeroplano degli ‘Hermanos al Rescate’.

Prove segrete e alle spalle della difesa
Gli avvocati della difesa non solo hanno avuto l’urgenza di ricorrere ai mezzi di informazione per venire a sapere di presunte prove accusatorie di cui erano oggetto i loro assistiti, e dei passi intrapresi dalla Procura, che non arrivavano loro per via ufficiale. Il Governo ha classificato tutte le sue prove come segrete e ha fatto in modo che ricadessero sotto la Legge di Procedura per l’informazione classificata. Si sa, ha detto Alarcón, che il tribunale ha consegnato ai portavoce della controrivoluzione più di 1.400 pagine di documentazione che, manipolate a loro piacimento, hanno reso più accettabile la grossolana propaganda contro i giovani e contro la Rivoluzione.
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare ha riconosciuto l’elevata professionalità degli avvocati d’ufficio della difesa, perché nessuno dei giovani eroi ha avuto denaro per pagarli. Essi hanno smascherato le torbide manovre dei pubblici ministeri venduti alla mafia, e hanno dimostrato come la controrivoluzione di Miami realizza attività terroristiche contro Cuba, fatto che evidenziava la giustezza della presenza dei giovani in difesa del suolo patrio e dello stesso popolo degli Stati Uniti. Essi, al di là di posizioni ideologiche, si sono resi conto della nobiltà delle intenzioni di quei giovani e dell’eroismo del loro comportamento.

Spionaggio negli Stati Uniti? Tutti hanno detto di no
Questa è la prima volta negli Stati Uniti – ha affermato – che si condanna qualcuno per spionaggio, senza testimoni e senza prove, perché è stato dimostrato che non si è praticato qualsiasi spionaggio. Al tribunale sono sfilati testimoni di riconosciuta credibilità e che non avrebbero mai mentito, ancor meno di fronte a una situazione come questa. A tutti è stato chiesto se qualcuno avesse avuto accesso o avesse cercato informazioni di carattere segreto, se qualcuno gli avesse chiesto di cercare informazioni al riguardo, e sempre è stato detto “No”.
Persone molto note e adatte a esprimere opinioni su questo caso hanno riconosciuto che gli accusati non avevano commesso spionaggio contro gli Stati Uniti, né avevano cercato informazioni che potessero danneggiare questo paese e il suo popolo. Tra queste vi sono i generali Charles Wilhelm, ex comandante in capo del Comando Meridionale; Edward Atkeson, ex vicecomandante dello Stato Maggiore dell’Esercito per l’Intelligence; l’ammiraglio Eugene Carroll, ex vicecomandante delle Operazioni Navali, e il colonnello George Buckner, che aveva occupato una posizione elevata nel Comando del Sistema di Difesa Aerea del Nordamerica, come pure il generale James Clapper, ex direttore dell’Agenzia di Intelligence del Pentagono. Non hanno commesso spionaggio, è stata la risposta di tutti, risposte che appaiono riportate chiaramente nelle oltre 20.000 pagine che conformano la documentazione del processo, ha enfatizzato Alarcón.
Non una sola prova circostanziale è stata presentata, la verità e la loro innocenza si sono fatte largo al processo. La loro unica mancanza era quella di essere penetrati nei gruppi terroristici anticubani per proteggere il loro popolo dalla morte; e questo, se lo si considera un’accusa, non lo hanno mai negato. La mafia terrorista riconosce la sua sconfitta e impegna tutti i suoi stratagemmi per intimorire il tribunale e la Procura. È anche la prima volta negli Stati Uniti che si condanna qualcuno senza testimoni e senza prove. Si è tentato di modificare le accuse davanti all’evidenza di non poterle dimostrare, ma la difesa non lo ha accettato e ha preteso che venissero dimostrate. E’ stato allora che la Procura è ricorsa al Tribunale di Atlanta affinché fossero approvate le sue modifiche, e la risposta è stata che si procedesse come la giudice aveva stabilito.
Non lo dice nessuno, ma risulta nella documentazione, chiarisce Alarcón, che quando si ritirano a deliberare c’è una protesta, per il disappunto delle giurie davanti all’assedio delle telecamere, non solo perché seguivano tutti i loro passi, bensì perché arrivavano perfino a inquadrare le targhe delle loro automobili. E’ stata la stessa Sig.ra Lenard che ha chiesto alle autorità che il tribunale fosse messo in condizione di deliberare in pace e che non avvenissero più molestie.
Esiste anche un precedente, apparso sul quotidiano ‘El Nuevo Herald’, sotto il titolo ‘Paura a essere giurato in un processo di spie’, che evidenzia ciò di cui sarebbe capace l’esilio cubano se qualcuno osasse sbagliare. Il precedente, molto ben noto, del sequestro del bambino cubano Elián González, non ammette equivoci.
Una cosa curiosa, fa notare Alarcón, è quella che prima di andare a deliberare il presidente della giuria dice il giorno e l’ora, con inusuale esattezza in questi casi, in cui sarebbe stato comunicato il verdetto, non ha chiesto alcun chiarimento, né ha espresso dubbi. Non era una cosa semplice arrivare a conclusioni in casi così complessi, con più di 20.000 pagine di informazioni documentali e senza nessuna prova di colpevolezza, fatto riconosciuto persino dallo stesso ‘Miami Herald’, e tuttavia la giuria si affrettava nella sua valutazione, come se già tutto fosse fatto.
La giuria non ha tenuto conto di niente, si è dimenticata della legalità, della giustizia, della costituzione. Per nessun motivo ha tenuto conto delle attenuanti suggerite dagli ufficiali probatori e ha condannato Gerardo Hernández a due ergastoli più 15 anni, Ramón Labañino all’ergastolo più 18 anni, Fernando González a 19 anni di carcere; René González a 15 anni di prigione e Antonio Guerriero all’ergastolo più 10 anni.
I cinque sono prigionieri politici, ha segnalato Alarcón, e viene negata loro questa condizione facendogli condividere il regime e le condizioni carcerarie con delinquenti comuni.
Il caso è ora in attesa di appello presso la Corte di Atlanta, che non ha ancora ricevuto la documentazione, fatto per il quale non ha potuto fissare il suo calendario. Ma questo avviene perché si sta cercando di prendere tempo, si stanno aspettando nuove presunte prove, di circa 150 pagine conservate ancora come segreto, cosa che rende più difficile la situazione per gli accusati e per la difesa. E questa barbarie in un processo giudiziale avviene nel paese della più ampia “democrazia”, dove più sono “rispettati” i diritti umani e i diritti costituzionali. È il colmo della doppiezza e dell’ipocrisia della politica yankee.
Su questo caso, ha fatto notare Alarcón, c’è il più assoluto silenzio. Per Cuba e per nessun altro esistono dubbi sul fatto che se il popolo nordamericano conoscesse la verità – la più assoluta verità, che sta lì nei documenti del processo, se conoscesse tutto tale e quale è – sarebbe molto diversa la reazione dei nobili cittadini.
Sono innocenti e affrontano un processo manipolato e sporco. Solo con la tenace lotta di questo popolo che non si fermerà mai fino a quando i cinque ritorneranno a Cuba, con la solidarietà internazionale, con lo sviluppo di tale lotta nelle stesse viscere dell’impero che li tiene prigionieri; solo con la lotta di tutti potremo liberarli. Questa lotta universale per la giustizia sarà quella che svelerà al mondo la vera azione contro il terrorismo, ha affermato
Alarcón.