Intervento di Ricardo Alarcón de Quesada, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular, al plenario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Intervento di Ricardo Alarcón de Quesada, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular, al plenario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul tema “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti contro Cuba”.

New York, 12 novembre 2002

Sig. Presidente:
nel 1992 l’Assemblea Generale ha approvato la sua prima risoluzione facendo appello a porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario che gli Stati Uniti impongono contro Cuba. Da allora lo ha ribadito ogni anno con un appoggio sempre crescente che comprende già la quasi totalità degli Stati membri.
Il contrasto è ovvio. Da un lato l’opinione virtualmente unanime della comunità internazionale che respinge una politica illegittima, contraria ai principi e ai propositi della Carta, che viola le norme del Diritto e quelle che regolano il commercio tra le nazioni e che ignora illegalmente la sovranità e gli interessi degli altri Paesi. Dall’altro, l’ostinazione di chi non ha argomenti per cercare di giustificare quello che il resto del mondo respinge.
Sono sicuro che oggi adotteremo l’undicesima risoluzione e questa possiede uno speciale significato. Ce l’ha perché questo testo conta su di un appoggio realmente unanime che comprende la maggioranza del popolo nordamericano e alcune delle sue principali istituzioni. Nell’ultimo anno si sono prodotti importanti avvenimenti che lo dimostrano. La più ampia rappresentanza della società civile e noti enti imprenditoriali si sono pronunciati per l’eliminazione del blocco e per la normalizzazione dei vincoli economici con Cuba. Specialmente attivi in questo senso sono gli agricoltori, le loro organizzazioni e le loro principali aziende produttrici ed esportatrici. Grazie ai loro sforzi è stato possibile fare alcuni passi che potrebbero condurre a cambiamenti significativi nell’attuale politica. Per la prima volta in quattro decenni è stato possibile ad alcuni esportatori statunitensi di vendere i loro prodotti a Cuba e di concludere le operazioni necessarie nonostante i severi ostacoli e le pratiche discriminatorie che hanno dovuto affrontare. In 11 mesi abbiamo ricevuto oltre 50 navi mercantili che hanno trasportato 712.000 tonnellate di prodotti agricoli nordamericani. Il valore di questi acquisti, compreso il loro trasporto, ammonta a 140 milioni di dollari e potrebbe arrivare a 200 milioni con nuove forniture recentemente accordate.
I contratti relativi a questi ultimi sono stati sottoscritti nell’ambito della Fiera di prodotti agricoli nordamericani effettuata a La Habana dal 26 al 30 dello scorso mese di settembre a cui hanno partecipato centinaia di aziende di oltre 33 stati che sono state accompagnate da alcune delle loro più alte autorità corporative e politiche.
Quelle vendite e quella Fiera hanno mostrato l’ampio potenziale a beneficio dei due paesi che porterebbe una relazione commerciale normale e la portata di buona volontà e mutuo interesse che anima sia il popolo cubano sia gli agricoltori nordamericani. I progressi in tale direzione sarebbero ugualmente vantaggiosi per le altre nazioni e per la pace e la cooperazione internazionale. Corrispondono allo stesso modo alle aspirazioni della comunità cubano-americana nel seno della quale si esprimono diversi gruppi favorevoli a una relazione normale con la loro patria di origine che fanno sentire le loro voci, sempre più numerose, di fronte a quelli che tentano di zittirle con minacce e pressioni. La loro protesta quest’anno si è fatta sentire nel centro di Miami e nel Campidoglio di Washington D.C.
Questo spirito costruttivo ha trovato eco nelle istanze legislative degli Stati Uniti. Lì si è costituito un gruppo bipartitico che ha intrapreso alcune iniziative che cercano di cambiare l’attuale politica e di sostituirla con una più inerente ai veri interessi del popolo di quella nazione e alle norme di rispetto che devono regolare le relazioni tra stati sovrani. Il suo compito, tuttavia, deve affrontare ancora la testarda opposizione di una potente minoranza.
L’anno scorso i due rami del Congresso nordamericano hanno approvato un disegno di legge che avrebbe introdotto modifiche importanti al blocco. A dispetto del chiaro appoggio ricevuto da entrambi i corpi, la direzione della Camera dei Rappresentanti, violando elementari procedure democratiche, ha snaturato il testo approvato e ha imposto una formula che contraddiceva apertamente la volontà della maggioranza.
Questa estate la Camera dei Rappresentanti ha adottato con un’ampia votazione alcune proposte legislative che faciliterebbero le esportazioni statunitensi ed eliminerebbero la proibizione ai suoi cittadini di recarsi a Cuba. Queste proposte cercano di correggere elementi negativi arbitrariamente imposti l’anno precedente. Benché non raggiungano la completa eliminazione del blocco, sono passi importanti nella direzione corretta che auspichiamo.
Il Presidente Bush, tuttavia, aveva anticipato l’annuncio che avrebbe vietato qualunque disegno di legge avviato a modificare la politica vigente. Lo scorso 20 maggio, in un discorso chiaramente ingerentista e aggressivo, pronunciato nella città di Miami, ha detto: “Gli Stati Uniti continueranno a fare rispettare le sanzioni economiche contro Cuba”.
Quella posizione trova sempre meno sostegno. Il leader della maggioranza repubblicana della Camera, che ha sempre votato contro Cuba e che è stato un elemento chiave nelle manovre parlamentari per mantenere il blocco, recentemente ha riconosciuto l’irrazionalità di tale politica e il suo imminente crollo.
Queste cosiddette sanzioni vengono applicate anche contro enti e cittadini degli Stati Uniti. L’amministrazione Bush non solo minaccia di vietare progetti che contano su un solido sostegno in entrambe le Camere e che rispondono alle proteste di buona parte della sua popolazione, ma porta avanti azioni che contraddicono la volontà espressa dai legislatori e le aspirazioni legittime di quelli che hanno promosso queste iniziative al Congresso. Mentre questi approvano misure che facilitino il commercio, l’ufficio incaricato di rendere esecutivo il blocco agisce in senso contrario e annuncia nuovi requisiti e disposizioni che dovrebbero essere rispettati dagli esportatori e che ridurrebbero le loro vendite; mentre la maggioranza del Congresso si pronuncia per la libertà di viaggiare, l’amministrazione stabilisce limitazioni addizionali, minaccia di punizioni quelli che hanno esercitato un diritto stabilito dalla Costituzione e nega visti a vari gruppi di artisti e intellettuali cubani causando danni a importanti attività culturali o scientifiche celebrate in questo paese.
La minoranza anticubana, sotto l’ala delle relazioni privilegiate che ha con l’attuale amministrazione, agisce sempre più apertamente contro i veri interessi dalla nazione nordamericana. È riuscita a piazzare in alte cariche individui senza scrupoli, calunniatori di mestiere, che ripetono quotidianamente ridicole menzogne a cui nessuno crede e dichiarazioni provocatorie, irresponsabili e false con il proposito di costruire, mediante l’inganno, un conflitto bilaterale che permetta loro di realizzare il loro vecchio sogno di impadronirsi delle terre, delle abitazioni e di tutto quello che appartiene al popolo cubano. Isolata e politicamente sconfitta aumenta la sua ostilità contro Cuba e persiste nei suoi piani per usare contro di essa la violenza e il terrorismo.
Cinque giovani cubani sono stati puniti ingiustamente per avere agito contro noti gruppi terroristici che operano liberamente a Miami. Vengono trattati con abominevole crudeltà privandoli perfino, loro e i loro parenti, del diritto di visita. Un nuovo processo che ripari le gravi violazioni commesse lì al dovuto processo è stato sollecitato dai loro difensori con l’appoggio di diversi giuristi nordamericani. Questa richiesta presentata oggi al Tribunale Federale del Sud della Florida merita l’appoggio di tutti perché permetterebbe che venga ristabilito il diritto in un caso di vitale importanza perché la sua essenza è, precisamente, l’atteggiamento che si tiene, nei fatti e non solo nella retorica, di fronte al terrorismo e ai suoi complici.
Adesso non mi dilungo sui danni alla nostra economia, né alle gravi privazioni causate alla vita e al benessere di tutti i cubani, né alle innumerevoli violazioni alle norme internazionali e ai diritti di terzi che il blocco ha provocato per quattro decenni e che risultano dalla documentazione distribuita riguardo a questo tema. La decisione che adotterà oggi questa Assemblea renderà giustizia al popolo cubano che ha molto sofferto per le conseguenze di una politica ingiusta, illegale e contraria alla ragione e alla morale. Il mio popolo ha resistito e continuerà a farlo perché niente lo farà rinunciare all’indipendenza e non permetterà mai a nessuno di strappargli i suoi diritti nazionali né di distruggere l’opera di giustizia che ha creato con abnegazione e tenacia.
Con il suo voto l’Assemblea starà difendendo allo stesso modo tutti gli Stati la cui sovranità e i legittimi interessi sono violati da chi si arroga facoltà che nessuno gli ha ceduto e che pretende, contro ogni diritto, di dettare modelli per tutto il mondo e di farli applicare al di là delle proprie frontiere.
Ma la risoluzione che oggi approveremo sarà anche un sostegno al nobile popolo nordamericano e a tutti coloro che in questo paese si impegnano per emendare una politica che il mondo censura, che è irrazionale e che niente la giustifica e il cui fallimento è stato già registrato dalla storia….